La Guerra ci aveva strappato le nostre inutili certezze, la sua fame vorace non aveva fatto distinzioni. Ci aveva lasciati mozzi, inorriditi sulle macerie del nostro grande impero e tuttavia vittoriosi.
Il mondo dorato in cui vivevo non era che un guscio inconsistente che svelava le sue crepe. Vedevo quelle persone in pezzi e sapevo come aggiustarle.
Per Lord Nicolas Stanford, avevo un cervello fatto di viti e ingranaggi e forse lo era anche il mio cuore. Guardavo un oggetto inanimato e la mia mente era in grado di immaginare il meccanismo che l’avrebbe fatto muovere. Ero un’inventrice sul libro paga del signor Holmberg, l’uomo che aveva inventato le macchine in grado di sconfiggere i nostri invasori e vincere la Guerra. Egli sembrava comprendermi come nessuno al mondo e guardava con orgoglio al mio lavoro e alle mie aspirazioni.
Lui e Nicolas erano come il giorno e la notte ma io sapevo che avevano un segreto. Erano legati da una passione indicibile. L’avevo vista bruciare e quel fuoco sembrava lambirmi con le sue dita seducenti.
Presa in quel vortice non mi restava che cercare di non cadere come una falena sulla fiamma.
Per quanto mi dibattessi e lottassi, le pareti della mia gabbia dorata erano sempre pronte a chiudersi.
Non l’avrei permesso.
Avevo uno scopo, ero pronta per il futuro.